Viviamo in un mondo liquido e vorticoso, che consuma tutto e tutto quello che facciamo, anche le cose più importanti e che hanno dato un senso alla tua vita (mi riferisco alla professione attraverso la quale ho sempre sperato di realizzarmi) sparisce nell’oblio.
Per la prima volta ho chiesto e ottenuto il trasferimento ad altra scuola, un istituto tecnico questa volta, ed ho trascorso un anno scolastico abbastanza sereno. Insomma sono soddisfatta della mia scelta e rimpiango solo di non averlo fatto qualche anno fa. Ho potuto fare delle esperienze professionali nuove e soddisfacenti, nuove amicizie e conoscenze: sono dunque ripartita da zero come mi ero ripromessa di fare in un articolo di due anni fa.
Nel frattempo però tutto l’enorme lavoro fatto nella vecchia scuola è sparito nel nulla: il sito sul quale avevo documentato tutte le attività di progetti importanti ormai non esiste più o comunque non è più accessibile. Mi sento come se otto anni dedicati al lavoro esistessero solo nella mia memoria e nel mio pc.
Ho detto che ho ricominciato da zero, ma non è proprio così, non può essere così perché noi siamo il frutto delle nostre esperienze ed io non sarei quella che sono oggi senza quegli anni faticosi e travagliati, eppure così intensi e vivi. L’essere umano non è liquido. E’ una costruzione in cui le esperienze sedimentano e si stratificano e continuamente agiscono e modificano il modo di essere e di apparire e il modo di relazionarci agli altri e all’ambiente. Devo riappropriarmi di quella parte della mia vita e per questo motivo ho deciso di documentare quei progetti, nei limiti del possibile e facendo ricorso solo ai materiali che ho prodotto personalmente e che, perciò, appartengono anche a me oltre che alla scuola per la quale ho lavorato.